giovedì 12 aprile 2012











TARANTO – Incredibile ma vero: attraverso una nota ufficiale, l’Ilva S.p.A. ha comunicato nella tarda serata di ieri di aver deciso di “ricorrere contro la decisione del Ministero di riaprire il procedimento dell’AIA”. Dunque, la proprietà Riva ha deciso, oramai pare in via definitiva, di intraprendere la strada del “muro contro muro”, rischiando anche di cadere nel ridicolo pur di non darla vinta a chi osi provare a mettere anche solo in discussione il “verbo” dell’azienda sulle questioni ambientali. Non solo.

Pare che nel magico mondo del “Luna Park Ilva”, qualcuno provi un piacere smisurato nel presentare ricorsi al Tar: probabilmente, ma questo lo sapremo solo nella due giorni di porte aperte del week end di fine maggio, all’interno dell’immenso parco giochi del siderurgico i visitatori si divertiranno in un gioco di ultima generazione: una corsa sfrenata sui carrelli dei nastri trasportatori, che una volta sorvolati gli immensi scenari lunari dei parchi minerali, porterà direttamente in una finta aula di tribunale dove ad accoglierci ci saranno gli avvocati dell’Ilva, pronti a regalare un buono sconto per visitare il TAR di Lecce, luogo oramai di culto per i dirigenti del siderurgico.

Al di là delle battute, l’ultima mossa dell’Ilva ha il sapore amaro della beffa. Specie per le nostre istituzioni e i sindacati. D’altronde, l’assunto su cui poggia il nuovo ricorso, una sua logica la ha eccome: “il nostro impegno è finalizzato a completare il più velocemente possibile le prescrizioni dell’AIA entrate in vigore il 23.08.2011 e non a discutere il riesame che, a così breve distanza di tempo, risulta del tutto illogico e privo di significato. Vogliamo infatti raggiungere pienamente gli obiettivi fissati per la completa sostenibilità dello Stabilimento”.

Non solo. Perché l’Ilva appare anche piuttosto offesa adesso: sia per non essere stata invitata nella prima riunione sul riesame svoltasi a Roma lo scorso 3 maggio, sia perché ricorda come “abbiamo ottenuto il rilascio dell’AIA al termine di una lunga istruttoria e di un procedimento che non ha eguali in Italia e in Europa per durata ed oneri per il gestore. Quattro anni di lavoro, dal febbraio 2007 all’agosto 2011, preceduti da un altro anno, dal novembre 2005 al dicembre 2006, di lavori svolti dalla Segreteria Tecnica istituita dal Ministero dell’Ambiente per valutare gli interventi sugli impianti ILVA per adeguarli alle BAT 2005. A tale attività, oltretutto, hanno attivamente partecipato anche rappresentanti del Ministero della Salute, del CNR, dell’Arpa Puglia, della Regione Puglia e degli enti locali tarantini”.

Come a dire che adesso è troppo tardi per rimettere mani ad un’autorizzazione che, è bene ricordarlo, lo scorso luglio venne salutata con soddisfazione da tutte le parti in causa citate dall’Ilva. Anche perché l’AIA, “al netto delle misure inserite senza alcuna valutazione tecnica nella Conferenza di Servizi del 5.07.2011 e oggetto di ricorso, costituisce un compromesso che l’autorità competente con il rilascio ha ritenuto praticabile, tra contenimento dell’utilizzo di risorse naturali e salvaguardie ambientali da una parte e sviluppo economico- sociale e sostenibilità tecnica ed economica per l’impresa dall’altra”.

L’Ilva, del resto, ricorda di essersi “mossa in tempi non sospetti”, quando lo scorso 23 provvide ad inviare alle autorità competenti il “Piano di attuazione di tutte le attività ed iniziative necessarie per la piena attuazione del piano di monitoraggio e controllo AIA, così come il progetto relativo alla valutazione e monitoraggio delle emissioni fuggitive nella cokeria”. Impegni che la società intende onorare nei tempi e nei modi previsti e definiti dall’AIA vigente e non certo secondo scadenze nuove, che potrebbero anche essere decise attraverso “un approccio emotivo” al problema, anche da parte della Procura di Taranto. Che rischia di essere fortemente “condizionata” in modo negativo dalle due perizie del CTU presentate nell’incidente probatorio sull’inchiesta in corso: anche se non si capisce come, visto che la stessa Ilva continua a sostenere che “le recenti perizie, prodotte all’interno dell’incidente probatorio, dimostrano che l’obiettivo delle legge vigenti sia stato ottenuto”. Eventuali miglioramenti, fanno sapere sempre dal siderurgico, dovranno “essere frutto di una rigorosa impostazione tecnica e scientifica”.

Il bello è che il Tar di Lecce lo scorso 7 marzo ha già accettato un primo ricorso dell’Ilva, presentato lo scorso 10 novembre (la trattazione di merito del ricorso si svolgerà nell’udienza pubblica del prossimo 6 giugno), in merito alla domanda di sospensione sull’efficacia di alcune delle prescrizioni presenti nell’A.I.A. E’ bene ricordare che i provvedimenti contro cui l’Ilva ha fatto ricorso, giudicati dagli avvocati che difendono l’azienda Francesco Perli e Roberto Marra “troppo restrittivi”, riguardano i sistemi di abbattimento di macro e micro inquinanti, il piano di monitoraggio e controllo delle emissioni e la revisione della rete di smaltimento delle acque reflue. Dunque, siamo ad un nuovo record: un doppio ricorso sullo stesso argomento, in barba a tutto e a tutti. In pieno stile Ilva, quindi. Ma lo spettacolo è appena cominciato: perché nei prossimi giorni la Direzione Ilva di Taranto, attraverso una conferenza stampa (dove ovviamente ‘TarantoOggi’ non sarà invitata), “illustrerà quanto già compiuto ad oggi in risposta alle prescrizioni dell’AIA e quanto intenderà fare nei prossimi mesi”. Ci attende un’estate rovente, senza dubbio. Intanto, ci è giunta una clamorosa indiscrezione: all’ingresso del “Luna Park Ilva”, i visitatori saranno accolti da una scritta gigante: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 16 maggio 2012)




TARANTO – In merito a quanto dichiarato da Antonio Albanese, amministratore della Cisa Spa e azionista di Appia Energy, il comitato Legamjonici sottolinea quanto segue. Il progetto relativo al raddoppio dell’impianto di incenerimento mediante l’uso di CDR (Combustibile Derivato da Rifiuto), che con D.lgs. 205/2010 è indicato con la nuova denominazione di CSS (Combustibile Solido Secondario) e biomasse, di fatto, porterà un incremento dell’inquinamento atmosferico, del suolo e della vegetazione. Il monitoraggio ambientale è solo uno strumento di controllo che non può aprioristicamente escludere la possibilità di contaminazione ambientale. Non devono rassicurare, pertanto, le garanzie dell’azienda sull’applicazione di sistemi di monitoraggio in continuo avanzati. La migliore garanzia di tutela dell’ambiente è di fatto la prevenzione di un dato fenomeno d’inquinamento, proprio in piena applicazione del principio di precauzione. La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) tiene conto anche e soprattutto dell’incidenza che la realizzazione di un dato progetto puo’ avere sulla salute dei cittadini e in nessun caso si puo’ sottovalutare questo aspetto.E’ necessario, inoltre, ribadire quanto all’attività di incenerimento, sia connessa la produzione di insidiose molecole denominate nanoparticelle, la cui nocività è stata anche sottolineata da periti nominati dalla Procura della Repubblica di Taranto, in una relazione (Primerano R., Liberti L., Cassano F., 2009): ’’Gli inceneritori di rifiuti sono stati a lungo fra i maggiori produttori di diossina, ma negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha permesso un notevole abbattimento delle emissioni gassose da queste fonti (anche se emettono pericolose nanoparticelle che possono trasportare diossine in forma non gassosa)’’. Il documento relativo è stato depositato dal comitato Legamjonici presso l’ufficio di competenza della Provincia di Taranto e consegnato anche al Comitato per la Corretta Gestione dei Rifiuti di Massafra. Le nanoparticelle si generano ad elevate temperature, sfuggono al controllo e al monitoraggio, in quanto è tecnicamente difficile (se non impossibile) captarle tramite l’impiego di ‘filtri’. Per le loro ridotte dimensioni possono penetrare fino nelle vie aeree profonde e passare direttamente nel circolo sanguigno. Esistono in letteratura numerosi studi epidemiologici che evidenziano l’aumento di patologie tumorali e cardiovascolari in popolazioni residenti in prossimità di inceneritori.
La stessa perizia sottolinea: ’..per quel che riguarda gli aspetti sanitari finali, la stragrande maggioranza degli studi epidemiologici, anche recentissimi,…rileva una correlazione tra patologie diossina-correlate e la presenza di inceneritori nelle aree soggette ad indagine; viceversa sono pochi o nulli gli studi che non rilevano correlazioni’.Le diossine sono inquinanti persistenti. La Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, stabilita nel 2001, ha posto come obiettivo l’eliminazione di tali sostanze. Pertanto, anche in presenza di una normativa che stabilisce limiti di legge per le loro emissioni, la tendenza da parte degli Stati Europei deve essere quella di ridurre progressivamente la pratica di incenerimento di rifiuti anche se finalizzata alla produzione di energia.


http://legamionicicontroinquinamento.files.wordpress.com/2012/04/osservazioni-appia-energy-legamjonici.pdf


Comunicato stampa di Legamjonici contro l’inquinamento